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Il viceré di Ouidah

Aggiornamento: 26 mar 2023

L'ustionante e orribile storia di un negriero ottocentesco, della tratta degli schiavi e di crudeltà tropicali ed europee raccontate senza filtri.

È un romanzo per chi ha stomaco e cuore forti. È un romanzo per chi vuole sapere ciò che si nasconde dietro una cortina di parole non dette e silenzi imposti ai giovani. È un romanzo per chi vuole vedere ciò che non troverà mai in un libro di scuola, con un'ambientazione del tutto estranea al lettore occidentale medio.

Ha mille nomi, una faccia pallida nota a molti, un sopracciglio più su dell'altro. Francisco nasce in Brasile, ha un padre che si impicca per sbaglio e una madre che muore per sfamarlo durante la siccità. Cresce con un prete pedofilo allontanato dal Portogallo che battezza i bambini mulatti sputando loro addosso, vive crocifiggendo i gatti e spappolando le rane, immerso fino al collo nella violenza delle atrocità della sua terra e della sua gente. Ci nuota dentro, fonda tutti i suoi principi su essa. Ogni volta che fa l'amore con qualcuno, è come se torturasse la sua anima: nessuno si fa vivo dopo la prima volta, scappa con la sensazione di aver sfiorato la morte.

Quando si trasferisce in Dahomey, Africa occidentale, inizia il suo lavoro di negriero. Questa terra gli è nuova, ma la devastazione delle epidemie, la superstizione delle persone, l'aria allucinante, il razzismo e la violenza onnipresente gli sono familiari.

Stringe rapporti di sangue con re, va in rovina e rinasce dalle sue macerie. Si sente protetto dal cielo, si circonda di lussi, ha un morboso rapporto con la religione che si rivela quasi pagano a causa della sua venerazione del sangue. Sfoga la sua irrequietezza stuprando vergini e rimpiagendo la terra natia, dove tornerebbe, se non fosse per la sua convinzione di essere il prescelto da Dio per rifornire le piantagioni brasiliane di nuovi muscoli e uomini.

Ogni anno marchia la pelle scura dei suoi schiavi, li carica su una nave diretta in Brasile.

La traversata non è mai facile: la dissenteria uccide, la febbre, la violenza e le catene fanno a pezzi gli schiavi. Per non parlare del desiderio di libertà che ogni umano ha sin dalla nascita iniettato nel sangue: a volte capita che uno schiavo preferisca i flutti scuri del mare al futuro che lo aspetta in Brasile, ma poi, a causa degli squali, dell'incapacità di nuotare e della profondità dell'oceano, viene sempre ritrovato a riva, sbriciolato sulla sabbia.

Al nostro protagonista negriero ciò interessa, ma poco. La sua mente distorta e perversa lo porta ad amare e a torturare, a difendere e ad attaccare. La tratta degli schiavi ormai è illegale quasi dappertutto da un bel pezzo, ma ciò non ferma il traffico di navi che si affollano nel pacifico, smaniose di arricchire i loro padroni, piene di donne e uomini neri e, molto spesso, di qualche cadavere.

L'ho detto, è un libro per chi ha stomaco e cuore forti. La storia è raccontata da Mama Wewè, ultima figlia di Francisco, che morendo ha una visione in cui sovrappone la figura del padre a quella del Cristo. Essa vive nel Benin, nuovo nome del Dahomey, nazione ora sotto un governo militare socialista, che però non riesce a fermare la nostalgia del popolo per l'epoca coloniale. I discendenti di Dom Francisco si incontrano ancora, ogni anno, in una giornata di commemorazione del "grande" negriero loro antenato. I riti sono un misto di cibo, sangue, requiem ed orrore, che onorano i tempi della tratta degli schiavi, nonostante quasi tutti i discendenti siano ormai neri.


Questo è un capolavoro del grande Chatwin, una finestra su un'epoca culturale sconosciuta e lontanissima dal nostro concetto di Ottocento. Niente vestiti sfarzosi, arte sottile o valori onorevoli, solo razzismo, barbarie e superstizione. Il ritratto di come la violenza europea caratterizzante l'epoca coloniale abbia devastato generazioni di uomini e donne africani ma non solo. In questo romanzo si racconta del dolore degli schiavi, ma anche dell'abbattimento culturale di tutto il mondo mulatto e nero che circondava la partenza e l'arrivo delle navi negriere.

Da leggere se si vuole avere una prospettiva diversa del diciannovesimo secolo e se ci si vuole immergere in un racconto terribile ed affascinante.

 

Il viceré di Ouidah Autore: Bruce Chatwin Anno di pubblicazione: 1980 Età adatta: dai 15 anni in su Lunghezza: corto (149 pagine) Casa editrice: Gli Adelphi

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