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Viviana e i diritti dell'infanzia

Aggiornamento: 5 gen 2022

Intervistiamo Viviana Mazza! Prima era solo un sogno. Ora realtà. Andiamo insieme alla scoperta della giornata internazionale dei diritti dell'infanzia.


Perché credi sia importante nel 2020 dedicare una giornata ai diritti dell'infanzia?

Perché quei diritti non sono davvero garantiti a tutti i bambini, a cominciare dal diritto allo sviluppo fino all'ascolto delle loro opinioni.


In base a cosa scegli i personaggi dei tuoi libri?

I personaggi dei miei libri sono tutte persone reali. A volte sono persone che ho conosciuto e intervistato, come Malala Yousafzai (il mio primo libro) o Simone Biles (il più recente). Oppure mi sono occupata di loro nel mio lavoro di giornalista della Redazione Esteri del Corriere della sera (come nel caso di molte delle storie di Guerrieri di sogni).

Altre volte ho deciso di recarmi nei luoghi di cui racconto proprio per scrivere un libro per ragazzi: per esempio, in Nigeria per "Ragazze rubate" oppure in Sudafrica per "Il bambino Nelson Mandela".

Spesso ho scritto storie di ragazzi e ragazze che stanno in posti lontani dall'Italia, perché volevo esplorare le somiglianze oltre che le differenze tra le loro vite e le nostre e perché i ragazzi possono essere interessanti (e coraggiosi), a volte più degli adulti.


Nei tuoi viaggi ti è mai capitato di assistere a diritti dell'infanzia violati?

Sì; mi sono occupata per esempio di storie di bambini condannati a morte per reati commessi quando erano minorenni (anche se per l'esecuzione si aspetta che abbiano compiuto la maggiore età) oppure torturati in prigione per aver partecipato a proteste pacifiche contro un regime.

Ho intervistato bambine costrette a diventare spose di uomini adulti e ragazze rapite per dare figli a combattenti jihadisti.


Perché hai deciso di raccontare con i tuoi libri quello che effettivamente succede nel mondo?

Il mio primo libro è nato dall'interesse di una editor di Mondadori, Marta Mazza (nessuna parentela!), per un articolo che avevo scritto su Malala Yousafzai, una ragazzina pachistana che fu quasi uccisa in un attentato perché voleva andare a scuola e aveva criticato pubblicamente i talebani, un movimento di fanatici armati che volevano impedirglielo.

Il libro è piaciuto a molti ragazzi e ragazze, così ho continuato a scrivere per voi perché mi piaceva raccontare ad un pubblico diverso le cose che imparo nel mio lavoro di giornalista.


Quando hai incontrato per la prima volta Malala Yousafzai, che emozioni hai provato? Di cosa avete parlato?

L'ho incontrata per la prima volta nel 2013 nella casa di Birmingham, in Gran Bretagna, che i genitori avevano affittato. Si erano trasferiti in fretta e furia dal Pakistan per starle vicino, portando con sé gli altri due figli. Lei era stata ricoverata in un ottimo ospedale di Birmingham e curata per le ferite di arma da fuoco alla testa. Era uscita dall'ospedale da pochi mesi.

Mi ha parlato tanto della sua nuova scuola. Mi ricordo che mi chiese di parlarle di Mussolini, perché stava studiando il fascismo italiano e le ricordava quello che avevano fatto i talebani in Pakistan. Voleva sapere se c'erano state in Italia persone che avevano appoggiato Mussolini (la risposta è sì).

E' stato bello conoscerla, mi è sembrata una ragazza con i piedi per terra nonostante avesse già un gran numero di premi sugli scaffali (e ancora non aveva vinto il Nobel per la pace!).

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