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  • Immagine del redattoreMarta

Pollancast



Sfrecciammo davanti al cartello "Pollancast" che brillava sotto al sole. Il colore blu mare appena verniciato e ancora un po' bagnato e la scritta gialla. Era una delle cose belle della città (che era un strada). Forse una delle cose più belle del mondo, visto che, finita la strada, si poteva vedere da vicino l'altro cartello dove c'era la scritta "Vingosger", nera e grigia, che con i miei amici avevamo soprannominato Grigino. Andavamo spesso a visitare le città vicine. Un'altra bellissima cosa di Pollancast è che, visto che era solo una strada, ogni persona aveva la casa di colore diverso, per la precisione nove, nell'ordine dell'arcobaleno più il rosa. Il resto erano negozi.

Scesi dall'auto che andava ancora: corsi dai miei amici che mi aspettavano alla fine della strada. Li abbracciai e poi chiesi loro se avevano voglia di fare un bagno al mare di corsa. Sentii il rumore dell'acqua che mi bagnava tutta. Sotto i vestiti avevo un costume perché sapevo che avremmo fatto un bagno, come sempre. L'acqua era azzurra con mille sfumature, ma limpida; se guardavi un po' a destra vedevi, oltre al cartello "Vingosger", una spiaggia con alghe nere e l'acqua grigia e nera come il fango. Quel giorno c'erano le onde alte e dopo esserci bagnati tutti andammo in spiaggia a gonfiare il nostro fenicottero alato. Decidemmo che per quel giorno saremmo andati fino alla boa rossa, prima degli "vindober" il gruppo di ragazzini dell'altra città. Loro, come materassino avevano un drago infuocato. Con loro avevamo fatto tante gare.

Io, solitamente, andavo davanti e guidavo il materassino verso la palla rossa che si poteva vedere anche da mille metri di distanza. Anche oggi ero davanti.

I nostri genitori erano molto felici che facessimo competizioni con altri bambini perché pensano che ci avrebbe aiutato a dare il meglio di noi.

Quando anche l'altra squadra fu pronta iniziammo. Le onde a noi non facevano paura anche se erano alte due metri. Il nostro fenicottero era bellissimo perché aveva delle ali grossissime che ci riparavano da grandi schizzi. Anche la coda era grande e un po' ci aiutava. C'era la bandiera rossa. Quando iniziammo andavamo velocissimo anche se le onde ci rallentavano. Il nostro gruppo era formato da otto persone, compresa me. Due tenevano d'occhio i nostri avversari su un'ala e gli altri due sull'altra ala. Uno stava sotto la curva dell'ala per velocizzare la corsa sull'acqua e uno stava sopra la coda. Sulla coda e sulle ali si riusciva a salirci proprio, come se fossero delle piccole barche. L'altra squadra era poco più indietro quando... «Toccata la boa!», dissi, dato che ero quella più in avanti. Tutti esultarono e i "nemici" si fermarono. Il loro sorriso sparì. Era da un po' di gare che vincevamo.

Ad un certo punto, però, quando ancora non eravamo partiti per rientrare le onde si alzarono. L'onda più alta che vidi era di dieci metri. Subito dopo un'altra sempre di dieci metri. Noi ci riparammo dietro le ali e la coda e ci tenemmo stretti. Quando mi alzai per guardare, vidi che l'altra squadra era stata sommersa da un'onda:

«Ragazzi», dissi, «so che non ne avrete voglia ma dobbiamo aiutarli».

Tutti zitti.

Allora, senza avere risposta, mi avvicinai al drago, che era bucato e scoprii in seguito che era stato bucato da uno strano chiodo a punta. Li feci salire sul nostro fenicottero e poi iniziò la lotta contro le onde, la cui spinta ci aiutava a raggiungere la costa. Quando fummo arrivati si diede una festa dato che nessuno era mai riuscito ad arrivare a riva con onde di dieci metri.

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